mercoledì 10 novembre 2010

Che nostalgia

A volte mi è impossibile capire come possa essere successo.
Le considerazioni che faccio in questo mio articolo sono state riaccese dagli ultimi fatti che se provati e corrispondenti al vero, hanno coinvolto la seconda più alta carica dello Stato Italiano. Voglio però dire che tali eventi non hanno creato, ma riportato in luce, un mio pensiero già presente ed esistente ma che correva il rischio di diventare assuefazione, come tante cose che oramai abitualmente accadono nel MIO Paese. Oggi non genera quasi più neanche fastidio il sentire di politici, Amministratori illustri, coinvolti in truffe, in operazioni mafiose, in scandali di corruzione. Ormai tutto è diventato “normale”, facente parte del vivere quotidiano, una assuefazione generalizzata, dettata dal “chi se ne frega basta che non levino i soldi dalle mie tasche”. Questo modo di pensare è ormai cosa comune, sostituendo lentamente e subdolamente quei valori nei quali credevano i nostri genitori, le persone che hanno lottato, sofferto e che sono anche morte per regalarci un posto degno di essere vissuto.
E' populismo dire che oggi i valori che veicolano come normali è acquisiti, siano quelli del successo facile, o del raggiungimento dell'obbiettivo seguendo strade un tempo considerate immorali? Non è importante come si raggiungono le cose è importante raggiungerle, poca importa se nel frattempo si ruba, si truffa, si commettono reati, ormai non è più importante capire come stanno le cose, ragionare, verificare come qualcuno sia riuscito ad ottenerle, l'importante è che siano state ottenute. La cosa che ritengo devastante è che questo modo superficiale di raffrontarsi con gli altri ha lentamente scippato il nostro potere di critica, di pensare e di giudicare. Qualunque cosa accada se in qualche modo giustificata, imbellita da una patina luccicante, diventa vera.
La cosa che in realtà mi stupisce nel caso di Ruby è la giustificazione che è stata data e che in sintesi è che l'intervento della seconda più alta carica dello Stato sia stata dettata dalla volontà di aiutare una ragazza in difficoltà. Sono andato a vedere le fotografie presenti in Rete di questa giovane donna, e mi sono bastate. Mi domando allora, ma tu che hai giustificato il tuo comportamento con quella spiegazione, quale opinione hai di me, quale rispetto hai per la mia intelligenza? E mi domando, se un mio amico si fosse giustificato in quel modo, dove l'avrei amichevolmente mandato? Secondo la mia personalissima opinione spacciare una tale giustificazione indica disprezzo verso coloro che ne sono i destinatari.
Ho inoltre ascoltato la diatriba afferente la divisione tra vita privata e vita pubblica, verità sacrosanta questa, ognuno fa quello che la propria moralità gli consiglia, libero di farlo, sempre che non si infrangano le Leggi (giuridiche), ma nella vita di ognuno di noi, quotidiana, a chi affideremmo le chiavi di casa, o i nostri figli, o ciò che più ci preme se non a coloro dei quali ci possiamo fidare, dei quali conosciamo il loro comportamento e lo condividiamo, di coloro che hanno conquistato la nostra fiducia. Faccio un esempio, daremmo ad un “magnaccia” la nostra casa mentre siamo in vacanza?
Allora mi domando ancora perchè stiamo affidando il governo del nostro paese, le istituzioni, le decisioni che determineranno il nostro futuro, a persone la cui vita privata è indice di non limpidissima moralità e rispetto degli altri? Come possiamo pensare che invece avranno rispetto di noi e che terranno conto delle nostre necessità.
Niente ormai ha più importanza, l'unica regola e l”Io” sopra tutto e tutti, ma questo mi genera rabbia e rimpianto, rimpiango i tempi in cui ad animare la coscienza politica erano gli ideali, anche diversi, contrapposti, all'antitesi, fascisti e comunisti, demoscristiani, ma ideali che univano e che prospettavano alle rispettive parti la voglia di creare qualcosa che fosse un sentire comune, condiviso, migliore, un fuoco di passione, di ardore, di sogni e speranze, per i quali sacrificarsi fino a mettere a repentaglio anche la vita. Rimpiango le contrapposizioni, l'urlare passionale e mi infastidisce oggi questo modo di "comunicare" fatto di ripetizione di concetti all'infinito per farli diventare verità, perchè anche una bugia, ripetuta tante volte diventa verità.
Mi nausea questa metodologia mirata a non far parlare, gracchiando sopra l'antagonista che cerca di esporre la propria tesi. Mi deprime il volto della politica che ha seguito le regole della pubblicità, che ti fa comprare un partito non perchè migliore o consono a te, ma soltanto perchè è quello con una immagine più evidente e luccicante.
Vorrei riappropriarmi della mia coscienza della mia autonomia e intelligenza, della mia voglia di dignità, del rispetto di me stesso, e vorrei che anche gli altri lo sentissero come un bisogno, perchè se l'attuale modo di pensare, di vivere, di trascinarsi avanti non viene completamente sradicato dalla nostra Società, dalle nostre menti, allora …..... auguri Italia mia........... ma io, forse inguaribile sognatore, non ci voglio credere.

venerdì 14 maggio 2010

Oggi mi è venuta voglia di scrivere

Sul sito www.yabooks.eu sta per partire un "gioco" nel quale è possibile narrare una storia, mi ha stimolato ed ecco la mia.

Quattro personaggi prendono vita.

Francesco si era alzato come tutte le mattine per recarsi al lavoro, al Centro Commerciale che cinque anni prima aveva fatto discutere tutto il quartiere nel quale viveva fino da bambino, Gavinana. La struttura era nata sulle ceneri di una vecchia fabbrica ed in mezzo a mille polemiche il colosso aveva iniziato a prendere forma per poi finalmente definirsi. Come spesso accade quando qualcosa di nuovo si innesta in una realtà consolidata, c’erano state lotte tra i vari comitati a favore e contro, per Francesco era stata alla fine una opportunità di lavoro, era stato assunto come “operatore di cassa”.
Era stato un giorno memorabile, perché la cosa che era certo di non dimenticarsi mai, era l’espressione di felicità di Claudia, sarebbe stato l’inizio della loro vita insieme.
Erano le sette e trenta del mattino ed era il 25 Aprile, un giorno di festa per molti, ma non per lui, guardò i riccioli neri di Claudia sparsi sul cuscino, li accarezzò senza avere una risposta, poi fischiettando scese le scale di casa. Il suo Tmax si mise in moto immediatamente e dopo neanche cinque minuti si trovò nel parcheggio del centro commerciale.
- “Ciao Piero prendiamo il solito caffè prima di spaccarci la schiena per procurarci il pane?” – disse Francesco sorridendo.
- “Certo come sempre”
A Francesco ogni tanto sembrava che la sua vita fosse già programmate, aveva 37 anni ed ancora tanta voglia di fare, ma quando si metteva a pensare scopriva che a lui quella routine piaceva un sacco.
- “Anche oggi piove, ma quando arriva quest’anno la primavera” – disse svogliatamente Piero sorseggiando il caffè.
- “Non lamentarti, avresti preferito che fosse una splendida giornata con tutti fuori e noi alienati dai bip della cassa?”
Piero sorrise, scosse la testa, poi insieme si avviarono verso il proprio “recinto”
Erano le dieci e Francesco stava passando un sacchetto di ciliegie, vere primizie, sul lettore che rilasciò il millesimo monotono bip, come attratto da una forza invisibile alzò la testa e vide che al limite della cassa c’era Claudia, nervosa, scura, che si stava mangiando le unghie.
- “Che succede?” – domandò allarmato Francesco
Claudia alzò per un istante gli occhi per poi riabbassarli immediatamente.
- “E’ finita.”
- “Cosa è finita? Se manca qualcosa prendiamola” – rispose Francesco con finta innocenza
Claudia riuscì a sorridere – “No! Tra noi è finita.”
In quello stesso istante le ciliegie diventarono come per magia uno sciroppo e dopo averle appoggiate sul pianale la stessa mano andò meccanicamente a raccogliere la successiva busta di mele cotogne. Bip.
- “Ma cosa significa amore, che è successo? Possiamo parlarne dopo a casa?”
- “No, ho già preso tutte le mie cose, vado via, non torno a casa, non ti amo più.”
Detto questo Claudia si voltò e raggiunse l’uscita.
Francesco, si sentì come colpito da un gancio di Tyson ma continuò inebetito a guardale mentre se ne andava, con il sottofondo del ritmico bip della cassa all’unisono con il movimento della sua mano che continuava in automatico.
- “Mi scusi!” – disse con un filo di voce la signora della spesa, una signora sui settant’anni con il tipico aspetto di nonna.
Francesco si voltò verso di lei senza emettere un suono – “Mi scusi, le ciliegie! Ci avrei ripensato” – disse la Signora con un timido sorriso.
Francesco guardò lo sciroppo – “Ah! Si, mi scusi le storno subito”.
- “Grazie, e non si preoccupi, tornerà! E se non torna ne troverà una migliore, lei è un bravo ragazzo, lo vedo, e in più è anche bello”
- “Gggrazie!” – rispose Francesco, o perlomeno provò a rispondere così, forse.
I giorni successivi furono un inferno, Francesco vagava per casa aspettando che all’improvviso Caludia si materializzasse, ma la sua routine era cambiata, la sua vita era cambiata.
Provò a cercarla, telefonarle, ma lei continuò a negarsi, senza un perché, senza una spiegazione.
La monotonia del suo lavoro non lo aiutava certo a svagarsi, nonostante i suoi colleghi che fecero a gara ad invitarlo ovunque. La signora delle ciliegie, iniziò a fare la spesa ed a scegliere sempre più spesso la sua cassa, anzi sempre. Il sorriso materno di quella donna gli donava un attimo di felicità, lo faceva sentire bene, gli dava la sensazione di essere “pensato”. Che strani scherzi ci gioca la mente.
Era il 25 Aprile, era passato un anno, e la vita di Francesco aveva iniziato a scorrere nuovamente, aveva avuto un paio di storie ma ancora quella sensazione di vuoto non l’aveva abbandonato.
- “Buongiorno Nada, quest’anno credo che le ciliegie riuscirà a mangiarle” – disse Francesco con un sorriso alla signora della spesa.
- “Si credo di si, anzi stasera perché non mi fai compagnia, è tanto che volevo chiedertelo, voglio fare il millefoglie ma non volevo mangiarlo da sola.”
Francesco la guardò continuando a sorridere, era l’invito più strano che avesse mai ricevuto, ma a quella donna che vedeva ormai tutti i giorni aveva iniziato a volere bene, era diventata come un suo punto di riferimento.
- “Va bene. A che ora?”
- “Alle otto”
Francesco si presentò alle otto, giacca e cravatta con una bottiglia di spumante, non champagne, stava andando a trovare una nonna. Nadia gli aprì la porta, indossava il grembiule da cucina senza alcun timore di nasconderlo.
- “Francesco! Vieni! Puntualissimo e bellissimo, vieni che a sorpresa è arrivata un’altra persona, spero non ti dispiaccia.”
Prima che Francesco riuscisse a rispondere la voce di un bambino si materializzò da dietro la porta a vetri del salotto.
- “Nonnaaaa! Vieni che ho fame!” -
Francesco fece un sorriso, poi seguì i passi di Nada fino alla stanza da dove proveniva la voce. Una tavola rotonda con una tovaglia di lino azzurro sulla quale campeggiava una apparecchiatura per quattro persone, era collocata al centro del locale, una credenza di inizio secolo piena di porcellane era appoggiata alla parete sulla sinistra mentre una libreria piena zeppa di volumi riempiva la parete di destra, due poltrone di pelle si trovavano tra il tavolo e la libreria e davanti a Francesco, proprio di fronte alla porta, una enorme finestra con tende rifinite di merletti, lasciava passare il rosso riverbero del tramonto. Ma non furono queste cose ad attirare l’attenzione di Francesco. In piedi davanti alla finestra c’era una donna che nel momento in cui entrò Francesco distolse il proprio sguardo dal paesaggio di Firenze per voltarsi e mostrare uno smagliante sorriso.
- “Questa è Federica, mia figlia, e quello è Antonio, il mio nipotino affamato di dieci anni.”
Francesco e Federica si strinsero la mano – “ciao” - si dissero, poi nonostante il primo imbarazzo che continuò ancora per diversi minuti, i quattro si misero a tavola. Con il passare del tempo l’atmosfera si sciolse e la cena fu magnifica, Nada era proprio una gran cuoca.
Federica era stata lasciata dal proprio compagno a ventitre anni subito dopo la nascita di Antonio ed aveva allevato suo figlio da sola, anche se Nadia l’aveva aiutata nei momenti più difficili. Federica era bellissima, aveva trentatre anni, il fisico di una ventenne, capelli neri corvino che facevano da splendida cornice agli occhi dello stesso colore ma che sprizzavano una gran gioia di vivere. Francesco fu subito attratto da questa donna, diversa da quelle che aveva conosciuto nell’anno trascorso, perché nonostante quello che aveva affrontato credeva ancora nella vita, non si era fatta schiacciare dalla delusione e dalla diffidenza, non aveva rinunciato a vivere per la paura di soffrire, non si era arresa.
Iniziarono ad uscire, frequentarsi, conoscersi e dopo sette mesi iniziarono a convivere. Tutti e tre.
Il nodo in mezzo al petto che non voleva sciogliersi, lentamente si fece sempre meno oppressivo.
Era il venticinque aprile, sembrava che l’estate quell’anno fosse arrivata in anticipo, Francesco non era di turno alla cassa ed avevano deciso di passare la domenica nel parco di Cavriglia.
Insieme a Federica e Antonio scese le scale, prima dovevano passare dal Centro Commerciale per comprare il necessario per il picnic. Alla cassa c’era Piero.
- “Ciao Piero! Sapessi come mi dispiace non farti compagnia oggi!” - disse ironicamente Francesco.
Piero disegnò un “fan culo” sulle labbra poi una voce si materializzò.
- “Ciao Francesco.”
Claudia era in fila dietro di lui, aveva il volto stanco, come se avesse finito di combattere una battaglia e avesse perso, Francesco la guardò e per un attimo sentì il proprio stomaco aggrovigliarsi, ma fu solo un attimo.
- “Ciao Claudia è un po’ che non ci vediamo, come stai e cosa ti porta da queste parti.?”
Claudia passò il proprio sguardo su Federica e sul suo ventre che indicava una maternità, poi abbassando gli occhi disse con un filo di voce.
- “Niente, niente di speciale, passavo di qua.”Francesco le sorrise, gli dispiaceva vederla in quello stato, nonostante tutto le voleva ancora bene avrebbe veramente voluto la sua felicità, ma la vita per lui aveva riservato un futuro diverso, migliore. Sorrise, la salutò, e pagò il conto. La sua mano estrasse dal sacchetto le ciliegie appena comprate poi insieme alla propria compagna, ad Antonio ed al figlio in arrivo, si avviò verso l’uscita.

mercoledì 14 aprile 2010

... e questo mi attirerà numerosi strali!

So che quanto sto per scrivere metterà in serio pericolo la mia sopravvivenza, perchè come compagna ho una donna intelligente e vari contatti con altre donne altrettanto intelligenti e brillanti, ma nel leggere i vari post o trovandomi all'interno di conversazioni femminili, mi è sorto un dubbio. All'interno degli scambi di opinioni tra il gentil sesso esce spesso come argomento la diversità di comportamento nelle varie situazioni e di come siano assolutamente più lungimiranti tolleranti e con un immenso senso "materno" quello delle donne nei confronti di noi poveri esseri inferiori. Sarà per la nostra limitatezza, ma difficilmente nei dialoghi tra maschietti esce il "come siamo meglio noi di loro!" Mah! poi sarà facile dire.... " per forza voi parlate sempre di donne, calcio, vini, macchine... è questo il vostro universo." Forse è vero, ma credo che il nocciolo stia nel fatto che francamente non ce ne frega niente di essere migliori o peggiori, siamo come siamo ne migliori ne peggiori, soltanto diversi. So che probabilmente rischio una serie di ripercussioni (anche fisiche) ma forse nei nostri "quattro o cinque" interessi riusciamo a trovare ciò che ci soddisfa senza andare a vedere se loro sono altrettanto "soddisfatte"......... Mi piace un vino? Si e godo nel berlo e nel degustarlo con gli amici, scusatemi!!!! Poi probabilmente con quegli amici mi metto a chiaccherare e fare quattro risate, sbaglio? Boh! Chi se ne frega, mi godo il momento, il mio piccolo e limitato momento, ma me lo godo.
La domanda che quindi mi pongo è :
Perchè devono sempre individuare la situazione nella quale si ritengono meglio di noi?
Ho paura a inserire la risposta a questa domanda, quindi lascio ad ognuno la propria.
Adesso so che sarò sottoposto a forti ed incredibili ripercussioni, quindi amici maschietti vi prego ...... "aiutatemi"
PS. Se per un certo periodo non mi vedete postare, vi prego..... preoccupatevi per me.

martedì 9 marzo 2010

... a me il paracadute l'hanno dato

Ieri sera ho partecipato alla presentazione del libro di Lidia Castellani "Mamma senza paracadute". Il romanzo narra di una donna che si trova improvvisamente, anche se non inaspettatamente ad affrontare una gravidanza, e nell'attesa del lieto evento comincia a domandarsi quale strada prenderà la propria vita. E' un viaggio nelle emozioni, nei desideri e nei dubbi di una donna che davanti al generare una vita si interroga, si domanda, cerca di darsi risposte. Il problema è che risposte non ce ne sono, può soltanto da andare avanti orgogliosa di questa meravigliosa opportunità che la vita le ha regalato, nonostante le problematiche ed i dubbi che il futuro può nascondere. Sarà mamma o sarà una donna che vuole realizzarsi nella società? O sarà entrambe? Lidia mi ha invitato a partecipare alla presentazione, io, un maschietto, ma cosa centro io mi sono domandato, visto che nella dedica iniziale c'è scritto che il libro è dedicato anche a tutti gli uomini "che per non sbagliare movimento continuano a stare fermi." Non so se per lei è stata una scelta giusta, ma a me è servito non per capire, per noi uomini è quasi impossibile, ma per cercare di capire quanto sia meraviglioso ed al tempo stesso difficile, prendersi la responsabilità di regalare una vita al mondo. Ho capito che in questa sfera noi uomini non "dobbiamo" stare fermi, dobbiamo soltanto essere pronti, pronti a muoverci quando la nostra Compagna ci fa capire che ha la necessità di percepire la nostra presenza, non è un ruolo da comprimario, è il ruolo che abbiamo, ne secondario ne meno importante.
Anche ieri sera quindi sono stato fermo (anche perchè il mio sesso era in netta minoranza)....... mi sono mosso soltanto quando con un cenno sono stato invitato a farlo, è stato come partecipare alla crescita del "figlio di carta" di Lidia, e spero di avere dato il mio contributo.

domenica 14 febbraio 2010

Sogno, illusione o triste realtà?

Capita, anzi devo dire che per fortuna qualche volta capita, che nella vita si materializzi davanti a noi qualcosa che riteniamo incredibilmente bello, una strada luminosa, una strada che inconsciamente abbiamo sempre cercato anche se non lo sapevamo. All’improvviso apri una porta ed eccola li. L’inizio è nebuloso, ogni pochi passi un incrocio, non sai quale direzione prendere ma la voglia, l’entusiasmo è così forte che vai avanti. Dopo qualche passo, anche molti, ti rendi conto che forse all’ultimo bivio avresti dovuto prendere l’altra direzione, ma non te ne importa niente perché i lampioni sono ancora accesi e la voglia di proseguire è così grande che sei disposto a sbagliare non una ma infinite volte. C’è la passione, la gioia di condividere un cammino con persone con le quali sai che qualunque cosa accada ti ritroverai accanto. Potrai sbagliare tu, potranno sbagliare loro, ma anche questo è irrilevante, perché hai la certezza che niente potrà fermarti. Il sogno che vuoi non rendere più tale, ma una concreta meravigliosa realtà è così forte che niente e nessuno potrà intralciarti, perchè hai la convinzione di essere una cosa sola con chi ha deciso di percorrere con te quella strada. Il sogno lentamente prende forma, qualche volta si rendono necessarie le visite dal medico , ma è normale, tutti i bambini si ammalano, ma vanno avanti e lentamente, faticosamente crescono. Ad un certo punto però arriva la fase dell’adolescenza, è un momento cruciale, difficile, quella tua creatura non è ancora un uomo ma non è neanche più un bambino, ed anche lei se ne rende conto, sa di essere ad un guado, combattuta tra la paura di crescere e la voglia di entrare nel mondo dei grandi. Inoltre la strada percorsa, ha traformato la creatura in una splendida adolescente, che attrae, piace, ma non solo per il motivo per il quale è nata, perchè in questo mondo le cose non sono belle solo ed esclusivamente per dare gioia.
E’ il momento di prendere decisioni, perché adesso non è più possibile sbagliare, non sono più i bivi acerbi dell’inizio, adesso se sbagli rovini tutto. A decidere sono i “genitori”, ma le decisioni devono essere condivise, devono essere scelte che aiutano a maturare, e che non gli facciano scordare che è poco più di un bambino, scelte che lo aiutano a crescere, che lo aiutano a diventare ciò per il quale è nato, ma se in questo esatto momento i “genitori” iniziano a pensare in maniera diversa? Se il volere restare aggrappato all’idea che fu, rendendosi conto che in realtà di quell’idea ha solo l’aspetto e non la sostanza? E se il voler restarne aggrappato, sapendo che non hai gli strumenti per farlo tornare ad essere ciò che avevi in mente all’inizio del cammino, ti causa sofferenza, difficoltà, problemi che possono incidere negativamente sulla tua vita, vale la pena continuare a stringere la presa? Non lo so, forse quella strada illuminata era solo un sogno, una illusione che poi si è rivelata invece nient’altro che la triste realtà, quella realtà che volevi, che pensavi di trasformare.Quindi mi domando, vale la pena continuare a crederci?

domenica 7 febbraio 2010

E c'è chi dice che in Italia non si legge!

Per superare i luoghi comuni ci vogliono i fatti, e se l'iniziativa di Alberto Schiariti (albyok), non è qualcosa di meravigliosamente concreto, non so cosa altro possa esserlo. Alberto è un lettore, una di quelle "mosche bianche" che trova affascinante sfogliare un libro e vivere emozioni da emozioni di altri. Ha deciso che la barriera dell'indifferenza che percepiva ogni mattina sull'autobus che prendeva per andare al lavoro, doveva essere in qualche modo abbattuta, non per fare qualcosa di speciale, ma perchè ne sentiva il bisogno, ed ecco l'idea, il 26 Marzo ha deciso di invitare più persone possibili a regalare un libro ad uno sconosciuto (gruppo su FB : Leggere, leggere, leggere - http://albyok.altervista.org/pensoscrivo/archives/1010/comment-page-5).
E' stata ed è un onda incredibile, mentre scrivo questo post il gruppo su FB conta già oltre 103.000 iscritti ed il numero aumenta in maniera esponenziale, le "mosche bianche" sono improvvisamente apparse ed il piccolo ronzio delle loro ali sta diventando sempre più forte. C'è chi ritiene che coloro che leggono, abbiano qualcosa in più, forse è vero o forse no, chi non legge forse non lo fa perchè non sa cosa sta perdendo, o forse perchè avvolto ed invischiato nella frenesia della vita, del proprio lavoro dei problemi di tutti i giorni, ma questa iniziativa mi ha convinto ancora più di quanto non lo fossi già che le "mosche bianche" non siano poi così poche, forse fino ad oggi sono state soltanto troppo silenziose. Oltre centomila persone hanno deciso di condividere con altri la propria scoperta, invitando chi è "sordo" ad ascoltare. Questa è a mio avviso una iniziativa che va ben oltre le intenzioni del fondatore, è una spinta verso l'idea che uno sconosciuto è qualcuno con il quale dialogare, e se non troviamo le parole per farlo cosa c'è di meglio se non regalare quelle di altri che ci hanno affascinato. Sono convinto che una delle strade da percorrere per migliorare la nostra qualità di vita sia quella di condividere le passioni, di scrollarci di dosso la timidezza e la paura di un rifiuto, davanti al quale non saremmo certo noi a rimetterci. Leggere, scrivere è un modo per metterci a nudo, superando i preconcetti e gli stereotipi della nostra società che vorrebbe ridurci ad una sorta di manchini che espongono involucri senza contenuti. Sono convinto che non siamo così, sono convinto che un esercito di libri in marcia abbia una voce potente e dirompente, io mi sono unito a quella voce e voglio che sia alta e forte, ed invito chiunque che abbia a cuore la dignità della vita a fare altrettanto, quindi.... grazie Alberto .

domenica 31 gennaio 2010

Sogniamo, ma con gli occhi aperti!

La strada per pubblicare è lunga e faticosa come se non fosse bastata la fatica di trovare il tempo di scrivere e di terminare la propria opera. Poi arriva l’Ostacolo non a caso con la “O” maiuscola.
La Casa editrice che ci permette di pubblicare. La ricerca ha inizio, ci informiamo su come presentarci, in quale modo inviare il nostro lavoro, ma soprattutto la scelta più difficile. A chi inviarlo.
Spesso all’inizio, voliamo alto, ed investiamo i nostri soldi nella stampa di alcune decine di copie del romanzo per inviarle all’Olimpo della letteratura italiana: Mondadori, Rizzoli, Einaudi etc… ma è come sparare contro un carro armato con una cerbottana, neanche si accorge della nostra presenza, allora ci troviamo ad abbassare il tiro, cercando concorsi o Case Editrici che dichiarano di essere alla ricerca di nuovi talenti, e la pila delle nostre stampe inizia ad assottigliarsi. Il nuovo autore resta quindi sospeso nell’attesa della fatidica busta, nella speranza del “il Suo libro è magnifico e saremmo lieti di annoverarLa tra i nostri autori.”
Si dice che in Italia ci siano più scrittori che lettori, ne dubito, ma se anche fosse così perché ad emergere sono solitamente prodotti commerciali che poco o niente hanno a che fare con la letteratura? Molti sicuramente ritengono di avere scritto il romanzo del secolo, e fra questi probabilmente soltanto qualcuno ha prodotto qualcosa di decente, ma nonostante ciò è possibile che gli ultimi best seller siano stati scritti da personaggi già “famosi”, possibile che fra i tanti nuovi scrittori non ci sia qualcuno che sia riuscito a scrivere qualcosa di meglio di “cento colpi di spazzola”? Io non ci credo! Già questo atteggiamento di indifferenza nei riguardi di chi ha sofferto davanti ad un PC per esprimere qualcosa di se stesso è inconcepibile, ma c’è una cosa che per me è ancora peggiore, sfruttare le speranze. La Rete è piena di possibilità e ci sono innumerevoli “Piccole” e “meno piccole” case editrici che si offrono di pubblicare nuovi autori, in mezzo a loro ci sono tante realtà vere che con i pochi mezzi a disposizione si impegnano e credono in quello che fanno, ma bisogna fare attenzione perché ci sono anche tante strutture (non voglio chiamarle Case editrici), che sono soltanto una filiera produttiva, che non hanno interesse a vendere, a distribuire e pubblicizzare (è il costo maggiore) perchè il loro scopo è solo quello di speculare sulla speranza di chi ci vuole provare. Vuoi pubblicare? Pagaci i costi di stampa, dacci qualcosa per il nostro impegno, comprati metà delle copie stampate, vendile da solo (ti lasciamo libero di gestire la cosa come vuoi!! cioè c..zzi tuoi) ed il gioco è fatto. Crediamo nei nostri sogni, ma non facciamoci illudere da coloro che li adoperano esclusivamente per tirarci fuori lo stipendio, informiamoci, guardiamo i riscontri della casa editrice e soprattutto i commenti di chi con quella struttura ha già avuto contatti ed esperienze. Sulla rete ci sono vari siti di “feedback” a tale proposito, sono tutti validi come non lo è nessuno, ma sono comunque uno strumento utile da consultare prima di decidere di investire sul nostro sogno.
A tale proposito segnalo questo sito, http://www.danaelibri.it/rifugio/agenda/caseeditrici.asp, è semplice e chiaro, senza commenti personali, ma riporta esclusivamente il giudizio di coloro che hanno avuto una esperienza con la casa editrice. E’ uno dei tanti, gli altri vi invito a consultarli e trovarli da soli. Non permettiamo che i nostri sogni siano lo strumento di guadagno di altri.

mercoledì 27 gennaio 2010

Tanto per iniziare.

Perché un geometra improvvisamente decide di mettersi davanti ad un PC ed inizia a scrivere?
Se dovessi trovare una spiegazione dettata dalla razionalità credo che starei giorni a pensare senza riuscire a trovare un motivo, e questo perché non c’è un elemento scatenante razionale. Scrivere è come respirare, mangiare, dormire, qualcosa che alcune persone devono fare semplicemente per vivere. Qualcosa che è dentro, che dormiva o semplicemente aspettava il momento giusto per farsi riconoscere e quando quel momento arriva non esiste niente che possa fermarlo, si manifesta, esce, fa rumore, un rumore talmente assordante che non possiamo esimerci dall’ascoltarlo e dargli retta.
Questo è quanto successo a me, una mattina di settembre del 2002 il mio si è svegliato e mi ha costretto a renderlo materiale.
Francesco Caccia, il protagonista dei miei romanzi prese corpo, ancora in fase embrionale, nebuloso, ma quel personaggio iniziò a vivere. Un giovane neo laureato in Archeologia che suo malgrado, lentamente e inaspettatamente, come succede nella vita, si trovò imbrigliato in situazioni che mai si sarebbe immaginato di affrontare, tra una misteriosa scoperta archeologica ed intrighi internazionali di potere.
Il desiderio di scrivere di far vivere quella esistenza parallela era impellente incessante, ma le necessità della vita reale mi costrinsero ad andare avanti nei ritagli di tempo più impensabili, la notte, in mezzore ricavate con fatica, così ci vollero due anni per terminare il primo viaggio, per dare un senso definito all’urlo che mi usciva da dentro, ma finalmente nel luglio del 2004 il romanzo era finito, “Percorsi” era stato completamente partorito, un figlio, il mio primo figlio era venuto alla luce.
Non sapevo che la lotta era appena all’inizio, non sapevo che riuscire a donare le proprie emozioni sarebbe stato ancora più difficile, per fortuna ci credevo in mio figlio e non ho mai mollato, non ho mai dubitato che prima o poi avrei trovato chi, in quel figlio, ci avrebbe creduto quanto ci credevo io.
Le grosse case editrici non rispondevano o rispondevano con le solite mail di circostanza, altre minori vedevano in me una fonte di guadagno, attenzione, non nel romanzo, in me! Esosi costi giustificati come anticipo spese mi sono stati richiesti insieme all’obbligo di comprare, certo bontà loro a prezzi scontati, centinaia di copie del mio libro. Grazie tante Signori, ma no grazie.
Francesco Caccia era lì, vivo, pronto, e nonostante che tutti mi facessero i complimenti, era costretto ancora a nascondersi.
Esiste la fortuna? Certo che esiste, per fortuna. Fortuna e determinazione, ecco cosa mi ha permesso di trovare qualcuno che ha creduto in Francesco quanto ci credevo io, di trovare un editore che ha visto nel mio romanzo potenzialità, un Editore che ha deciso di scommettere e di rischiare con me, ho trovato Davide e la sua casa editrice “La Riflessione”.
L’avventura ha quindi avuto inizio, presentazioni organizzate con fatica e tanta soddisfazione, i primi incontri con i lettori accompagnati dalla paura di non riuscire, poi la soddisfazione di esserci riuscito, di farsi conoscere di ricevere complimenti ed anche critiche, ma tutto incredibilmente meraviglioso ed eccitante. Come eccitanti erano le telefonate con Davide per i riscontri delle vendite che incredibilmente crescevano. Il sogno non era più tale.
Poi il secondo Romanzo, Rebus di Giada, la seconda avventura di Francesco Caccia che dalle misteriose rovine Maya si spostava in Asia, per dipanare un intrigo fatto di Storia e di lotte di potere, con un misterioso sacerdote e due multinazionali i lotta. Il giovane archeologo era divenuto vivo e con tanta voglia di vivere ancora.Quanta fatica però per farlo pulsare, quanta fatica per farlo conoscere, quanta fatica, ma quanta soddisfazione. Il segreto? Ci ho sempre creduto.